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LA 124 BERLINA: SEMPLICE E BELLA

le versioni della Fiat 124/1200 commercializzate in Italia negli anni 1966/1975–parte prima

Cominciamo subito col dire che il progetto n. 124, riferito al motore dell’auto, fu concepito nel 1963 quando i vertici Fiat pensarono fosse ora di sostituire due modelli che erano obsoleti (la 1100D) o lo sarebbero divenuti (la 1300). Pensarono ad un motore di cilindrata baricentrica, un 1200, derivato dal vecchio 1220cc della 1100D ultima serie e fornito per la prima volta di cinque supporti di banco accoppiato al cambio della 1300, e che doveva essere più economico da gestire di quest’ultimo.

Questo motore (124A.000) fu progettato dall’ Ing. Aurelio Lampredi, un ingegnere che aveva lavorato in precedenza alla Ferrari. Era un “superquadro”, cioè le cui misure di alesaggio e corsa erano simili ed era caratterizzato da un’indole sportiva e da una notevole facilità a salire di giri. Non a caso la 124 berlina era nota per la sua ripresa e per le sue prestazioni, specie in autostrada. La sua concezione era comunque molto tradizionale, il motore aveva valvole in testa comandate da aste e bilanceri e l’albero della distribuzione era collocato nel basamento e azionato da una catena. Il carburatore era un doppio corpo orizzontale Solex C32 PHH/6 (oppure Weber 32 DCOF), con apertura simultanea delle due farfalle.

La carrozzeria, molto squadrata – e perciò all’epoca modernissima – era semplice e funzionale e all’inizio fù disponibile nella sola configurazione a quattro porte. Era di dimensioni quasi identiche alla 1300 ma offriva una migliore abitabilità. Un’altra novità stava nelle sospensioni, a quadrilateri sovrapposti all’avantreno e a ponte posteriore rigido/molloni/ammortizzatori coassiali e barra Panhard al posto delle balestre a lama della produzione precedente. C’erano infine quattro freni a disco Bendix, vero lusso per l’epoca. Con tutte queste caratteristiche positive l’auto entrò in produzione nel 1966 e fu presentata al Salone di Ginevra a Marzo di quell’anno. A Novembre fu presentata la versione Familiare a cinque porte, con identico motore.

Esternamente l’auto aveva una calandra tutta cromata che copriva il radiatore, paraurti a lama con piccoli rostri in gomma; i cerchi delle ruote erano gli stessi del 1300 e della 1100R a otto fori di ventilazione ovali e le maniglie delle portiere erano a pulsante. Dietro era inedito il disegno dei fanali, a sviluppo orizzontale, con piccoli catarifrangenti separati e posti sotto di essi. All’interno, l’abitacolo era arredato in maniera semplice e razionale, anche se minimalista perché uno degli obiettivi-chiave era quello di tenere bassi i costi di produzione, inferiori a quelli della 1300, per rendere il prezzo dell’auto davvero competitivo.

C’era una plancia grigio chiaro poco imbottita (la prima Fiat ad avere questa soluzione), uno strumento rettangolare che comprendeva tutta la strumentazione, quattro interruttori e il ripostiglio oggetti lato passeggero. La strumentazione aveva un grande contaKM centrale, l’indicatore del livello della benzina a sinistra, la spia della temperatura dell’acqua a destra e le altre sei spie motore/luci sotto.

Due levette a sinistra del piantone comandavano le luci e le frecce, mentre il volante, secondo la moda degli anni ’60, sottile e grande, aveva un anello per comandare gli avvisatori acustici. I sedili erano grandi, comodi, sufficientemente imbottiti, solo che erano lisci e non trattenevano affatto nelle curve. C’erano le maniglie di appiglio per i passeggeri, posacenere anteriori e posteriori e gli attacchi per le cinture di sicurezza. Da questo lato l’auto si presentava poi all’avanguardia e perfettamente in regola con la normativa vigente all’epoca: oltre agli accessori citati (imbottiture, maniglie, cinture) la 124 aveva l’abitacolo a “gabbia di protezione”, il piantone dello sterzo collassabile, lo scatto anabbagliante sullo specchio retrovisore e il serbatoio di carburante che poggiava su tamponi di gomma per spostarsi in caso di urto ed evitarne la rottura. La ventilazione interna era stata studiata in modo accurato ed era efficiente.

A richiesta si potevano avere i sedili reclinabili, una piccola radio AM e le luci di retromarcia (due piccoline aggiunte assieme ai catarifrangenti). Un kit “aftermarket” della Veglia-Borletti era disponibile per avere il termometro dell’acqua. Così concepita l’auto fu un successo immediato e vinse il premio “Auto dell’anno 1967”, riconoscimento accordatole da una giuria composta da 55 giornalisti di 12 paesi; in quello stesso anno la produzione arrivò alle mille unità giornaliere prodotte.

Anche se costruita in maniera un po’ spartana, e dopo i difetti di preserie – problemi che affliggono qualunque nuovo prodotto – l’auto si rivelò molto robusta, versatile, e molto affidabile. Il motore era infaticabile, sopportava grandi sforzi (aveva il circuito di raffreddamento sigillato) e la meccanica, grazie anche ai nuovi punti di ingrassaggio “for life”, cioè senza manutenzione, era facile ed economica da mantenere.

Questo era il risultato di un’accurata progettazione e di severissime prove di collaudo.L’auto infatti, nel 1965 era stata provata in condizioni ambientali e climatiche estreme: da zone artiche del Circolo Polare al deserto libico, dalle piovose autostrade tedesche al terribile pavè del Belgio e ne era uscita vincente. L’unico difetto di un certo rilievo che la afflisse fu una certa irregolarità di carburazione che portava alla formazione di “vapour-lock” alle alte temperature. Invece altri difetti comuni a tutte le auto coetanee del periodo erano delle piccole infiltrazioni di acqua dai vetri, sempre in condizioni estreme, un consumo di carburante non proprio modesto e – soprattutto – la ruggine.

Come abbiamo avuto già modo di accennare altrove, all’epoca le tecniche di verniciatura erano ancora lontane dall’aver raggiunto anche solo lontanamente gli standard attuali; la stessa Fiat, per questa specifica auto aveva inaugurato un nuovo procedimento – all’epoca ritenuto all’avanguardia – e che consisteva nella fosfatazione delle carrozzerie nude, un ciclo di lavorazione che, tramite la immersione in un apposito bagno chimico, preparava le scocche a ricevere gli strati di antiruggine (fondo) e di vernice, per un totale di quattro, e di assicurare loro la migliore aderenza. La cottura a forno di queste nuove vernici sintetiche avrebbe dovuto assicurare poi la loro inalterabilità agli agenti atmosferici.

Malgrado la casa costruttrice avesse assicurato che le auto erano adatte anche a sostare a lungo all’aperto e alle intemperie avremmo visto col tempo che le cose non stavano proprio così e le auto di quegli anni, tra cui purtroppo la 124 non faceva eccezione, erano praticamente indifese dalla corrosione. Solo gli esemplari destinati al mercato estero, secondo una discutibile politica commerciale, erano dotate di passaruota schermati contro il sale e di longheroni trattati con apposito liquido anticorrosione.

La Familiare, carrozzeria 124AF, oltre la parte posteriore della carrozzeria variava solo nel rapporto al ponte, più corto, le ruote un po’ più grandi e la sospensione posteriore non più coi molloni coassiali ma separati. Aveva il serbatoio di carburante più grande (47 litri anziché 39) e, come la ruota di scorta, collocato trasversalmente sotto il pianale posteriore (nella berlina erano posti verticalmente rispettivamente a destra e sinistra del vano). Poteva caricare quasi due m. cubi di merci, pari a 360 Kg oltre il guidatore. Aveva lo specchietto esterno di serie, consumava un po’ di più della berlina, 9,25 lt/100 Km contro gli 8,8 di quest’ultima e arrivava a 145 Km/h contro i 147,40 della berlina.

La 124, tra l’altro, miete successi anche in campo sportivo. Una sua brillante caratteristica era la marcia in salita, dove era superata solo dalla superlativa Giulia 1300TI. Un km da fermo era percorso in soli 36” 2 e l’auto esordì al Rally dei Fiori – 1^ prova campionato italiano rally 1967 – arrivando al traguardo in 9 esemplari su 11. Nel Maggio del 1967 arrivò 1^ assoluta al Rally delle Prealpi Venete con Pino Ceccato al volante e l’anno successivo era al 10° posto, davanti perfino alla sua “sorella” SportCoupè e alla 125.

Negli anni di produzione 1966-70 le berline (e familiari) I^ serie andarono incontro a continui miglioramenti e affinamenti, frutto dell’esperienza maturata dagli stessi utenti e delle continue ricerche. La prima modifica sostanziale in assoluto fu l’adozione del ponte posteriore della 124S, nel 1968 e questo portò ad un miglioramento nel comportamento su fondi col bagnato e nella relativa aderenza del retrotreno. Furono costantemente migliorati i materiali (rivestimenti interni e cappelliera, il cruscotto divenne nero), il motore ebbe verso il 1969 un cambio del carburatore che divenne verticale con le farfalle ad apertura a depressione, ebbe un diverso filtro dell’aria, la pedaliera divenne di tipo sospeso (acceleratore) e gli avvisatori ebbero trombe bitonali al posto del clacson.

Questa I^ serie fu la versione più prodotta in assoluto, quella del grosso delle vendite. Fu costruita in maniera del tutto identica in Spagna dalla Seat, nel 1968 e in Corea nello stesso anno. Da questa base derivò direttamente anche la versione cosiddetta “URSS”, notevolmente modificata, irrobustita e con un diverso motore, prodotta dal 1970 su licenza nell’allora Unione Sovietica. Esteticamente, la prima serie somigliava molto alla nostra, salvo piccoli dettagli. (13)

Arrivano gli anni ’70, cambiano le mode e la 124 si adegua. Al Salone di Torino di Novembre 1970 viene presentata l’intera gamma rinnovata delle 124 (motore sempre 124A.000, carrozzeria 124A.000/II). Le 1200 hanno subìto sostanziali miglioramenti sia nella meccanica che nella carrozzeria. Hanno avuto in dotazione il servofreno con doppio circuito frenante per la sicurezza e un moderno alternatore ha sostituito la dinamo. Il carburatore è quello verticale con apertura a depressione già detto. La carrozzeria ha avuto maggiori variazioni: la calandra ha ora i listelli orizzontali alternati cromati e nero opaco. I paraurti hanno rostri più grandi, simili a quelli della 850. Sui montanti del lunotto appaiono due piccole feritoie che coprono gli sfoghi di ricircolo dell’aria dell’abitacolo mentre in coda abbiamo un vero e proprio cambio dei lamierati per ospitare le luci ora molto più grandi e funzionali. Aggiunto anche un piccolo faro di retromarcia, poco potente, sotto la targa. Le ruote sono invariate.

Dentro invece la plancia, sostanzialmente identica, è meglio imbottita. Un utile termometro dell’acqua è stato aggiunto al posto della spia e il comando del tergi diviene a levetta, sulla destra del piantone, acquisendo anche l’intermittenza. Un’altra velocità la acquista anche il ventilatore interno, aggiunto un mobiletto portaoggetti sul tunnel centrale e un accendisigari. Il volante “perde” l’anello di comando avvisatori acustici. (15)

Idem come sopra per la Familiare (124AF/II), unica eccezione le luci di coda che rimangono identiche perché lo spazio è quello. Nel Settembre del 1972 esce la cosiddetta terza serie, l’ultima qui in Italia. A questo punto gli impianti di produzione sono stati ampiamente ammortizzati, la 124 ha dato grandi soddisfazioni alla Fiat (per dirla con le parole dell’Avv. Gianni Agnelli) e l’auto viene anche razionalizzata dal punto di vista produttivo.

L’ultima serie (124A.000/III) beneficia della unificazione più possibile alle consorelle di fascia più alta, le “Special” e quindi riceve le stesse ruote, gli stessi sportelli con le maniglie incassate e le stesse finiture interne. Il motore ha le camere di scoppio ridisegnate, emisferiche e un nuovo albero a camme che le dona 5 CV in più, passando da 60 a 65 CV. La calandra anteriore diventa di plastica nera col nuovo marchio romboidale “Fiat”. Invariati i paraurti (poi con diversi rostri nell’ultimo anno di produzione) e la coda (16); all’interno nuovi i materiali di rivestimento, con tappeti in bouclé e sedili in panno. Il cruscotto riceve una nuova fascia centrale in finto legno e una mensola aggiuntiva, il contakm diventa tutto nero con le scritte gialle e la scala graduata arriva a 170 anziché 160 come le serie precedenti. Tra gli optional disponibili ci sono adesso cinture di sicurezza, appoggiatesta e lunotto termico. Oltre la radio AM/FM.

Quest’ultima 124, come del resto sempre in casa Fiat, rappresenta la piena maturità di questo modello. E’ molto ben rifinita, i materiali sono di molto migliori rispetto al modello presentato nel 1966, è perfezionata all’estremo e ha molti accessori adesso di serie. E’ un’auto che va veramente bene, comoda, molto confortevole, adatta ai lunghi viaggi.

Sono due le cose che pongono fine ai suoi successi: una è la crisi petrolifera del 1973 che stronca la carriera a molte auto ante quella data. E’ un duro colpo che si ripercuoterà su molti modelli di diverse case automobilistiche, nostrali e non. E poi, manco a dirlo, il tallone d’Achille della Fiat di quegli anni, e cioè la ruggine. Si dice però a questo riguardo che molto di questo difetto fu dovuto anche a dei veri e propri sabotaggi e/o cicli di lavorazione mal eseguiti, imputabili alle agitazioni e agli scioperi che funestarono le linee di produzione per tanto tempo nei primi anni 70.

Ricordo distintamente che l’auto si vendette bene a tutta la primavera del 1975 e gli ultimi esemplari andarono a ruba (come la Croma). Poi il pubblico si divise nettamente in due metà: quelli che la tenevano bene, in garage e avevano generalmente montato un impianto a gas; queste auto continuarono a vedersi fino alla fine dei loro giorni, la seconda metà degli anni ’80; e quelli che invece si stufarono presto, la tenevano male, magari all’aperto.

Il destino di queste ultime fu più triste e la loro vita molto più breve: entro i primi anni ’80 erano tutte arrugginite e finirono inesorabilmente dai demolitori. Diversi esemplari ex-italiani si possono trovare, spesso in cattive condizioni, in remote località della Grecia e dei Balcani. Questa è un’ulteriore prova della proverbiale robustezza di queste auto.

124 BERLINA – 1966
Motore:
  • longitudinale, 4 cilindri in linea
  • cilindrata totale 1197 cm3
  • alesaggio mm 73;
  • corsa mm 71,5;
  • rapporto di compressione 8,8:1
  • potenza CV 60 (DIN) a 5600 giri/min.
  • valvole in testa, aste & bilancieri
  • lubrificazione forzata
  • un carburatore orizzontale doppio corpo Solex C32 PHH/6
  • candele Marelli CW240 o Champion N4
  • impianto elettrico 12V, dinamo da 230W, batteria 48Ah
  • raffreddamento ad acqua
Trasmissione:
  • Motore anteriore, trazione posteriore
  • Frizione monodisco a secco
  • Cambio a 4 marce
  • Pneumatici 155SR13

Corpo vettura:

  • Berlina 5 posti 4 porte, carrozzeria portante, sospensione anteriore a ruote indipendenti
  • e posteriore a ponte rigido e barra Panhard; molle elicoidali ammortizzatori idraulici telescopici,
  • barre stabilizzatrici; 4 freni a disco Bendix a comando idraulico; sterzo a vite & rullo; serbatoio
  • carburante capacità 39 litri; peso a vuoto in ordine di marcia 855 Kg.
Prestazioni:
  • velocità massima: 147,40 Km/h;
  • prova in salita (3,2 Km): 76,954 Km/h;
  • 1 km da fermo: 36,2 sec.;
  • ripresa da 30 Km/h (4^ marcia): 40,6 sec.;
  • Consumo a 2/3 della velocità max.: 8,5 litri x 100Km.

Photo gallery delle versioni della 124
Per ingrandire le foto fare click sulle miniature

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1) presentata nel Maggio del 1966 la 124 berlina riscosse immediatamente un grande successo

2) pubblicità dell’epoca

3) gli interni della 124, semplici ma funzionali

4) il caratteristico contaKm lineare della 124 berlina 1200, tipico delle auto anni ’60

5) principali aspetti del corpo vettura della 124 berlin

6) vista ¾ posteriore

7) questo splendido spaccato permette di conoscere la disposizione meccanica dell’auto

8) il grande bagagliaio, dalla forma regolare, con una capacità di 376 dm3.

9) lo spaccato del motore

 

10) la ventilazione era molto curata per l’epoca


11) caratteristica vista della 124 berlina

12) una bella foto pubblicitaria

13) la 124 riscosse immediatamente un grande successo internazionale

14) la 124 era stata provata in condizioni estreme